mercoledì 15 febbraio 2012

E' solo l'1% del pianeta a dettare le regole finanziarie

Esponenti del partito  "Jobbik" bruciano la bandiera dell'Ue
Nonostante le misure deliberate fino a questo determinato momento dal governo Monti, imposizione fiscale da un lato e tagli alla spesa pubblica dall'altro, la Commissione Europea alza il tiro, inserendo il nostro paese tra i 12 paesi con gravi squilibri a livello macro-economico.
Olli Rehn, commissario agli affari economici, ha dichiarato che in Italia, ciò che pesa, è l'alto debito pubblico e la crescita troppo bassa. A confermare le parole del commissario dell'Ue, ci sono i dati Istat che dimostrano che l'Italia è ufficialmente in recessione. Infatti la chiusura economica del 2011 è stata molto negativa per il nostro paese e il Pil a dicembre 2011 ha registrato un valore pari al -0,6%. Dati allarmanti, poiché questi non solo confermano un trend negativo per i settori di produzione italiani, ma dall'altro confermano fortemente che se l'economia reale resta ferma, poiché il governo riesce a deliberare misure che portano solo ad un incremento delle imposte e a dei tagli alla spesa pubblica, allora le conseguenze sono la disoccupazione e la bassa crescita confermati dal Pil con segno negativo.
Questo conferma che l'Italia, cosi come la Spagna, stanno portando innanzi delle riforme economiche strutturali, che potrebbero non bastare a far si che si possa ottenere la famosa "fiducia" in ambito della comunità internazionale e quindi far si che gli investitori esteri possano investire in titoli di stato senza nessun rischio, ma solo con un guadagno garantito.
In effetti la Troika (Ue,Bce,Fmi), attraverso il forte potere finanziario che esercita in ambito della comunità internazionale, può dettare le regole, di quel meccanismo che si nasconde dietro ai mercati e che porta ad arricchire gli speculatori internazionali, che traggono i maggiori benefici dalle crisi finanziarie che colpiscono i soggetti della comunità internazionale. Da questo punto di vista, sono le agenzie di rating (Moody's, Fithc, Standard and Poor), che detenendo il monopolio del potere di giudicare le economie dei soggetti presenti in ambito della comunità, innescano quei processi che portano poi a considerare un determinato paese affidabile o meno dal punto di vista finanziario. In quest'ottica un paese che perde la tripla "A", oppure che da "A2" passa ad "A3", viene declassato e quindi si troverà a percepire un prestito dagli istituti finanziari con un tasso di interesse più elevato, poiché considerato un "cliente" poco credibile. Di conseguenza questo processo, serve a renderci ancor di più l'idea di un'economia che di reale non ha nulla e che quindi non badando alla produzione, l'occupazione e la crescita, si concentra invece su delle questioni binomiali che si sintetizzano nel rapporto creditore-debitore. L'intero sistema finanziario internazionale si basa su questo rapporto che porta il "creditore" (banche, investitori esteri e in ultima istanza la Bce) in una posizione di superiorità rispetto al "debitore"(stati nazionali) e dovendosi quest'ultimo adeguare alle condizioni dettate dai creditori è costretto anche a far versare, attraverso le misure di austerità, lacrime e sangue alla popolazione per pagare il debito con l'estero.
Negli ultimi tempi sono state vittime di questo sistema l'Italia e la Grecia, ma se si guarda anche al resto della "zona Euro" si potrà prendere in considerazione anche il caso della Romania (vedi qui) e dell'Ungheria sottoposte alla stessa sorte della nostra penisola e di quella ellenica.
Mentre quindi da una parte l'1% del pianeta detta le norme di un meccanismo spietato che porta all'arricchimento soltanto delle lobby finanziarie che si nascondono nei palazzi istituzionali e finanziari, dall'altra  le masse popolari, costrette a  subordinarsi alle misure varate dai tecnocrati al governo, possono solo utilizzare la disobbedienza e quindi lo sciopero generale, come armi per ribellarsi al sistema.

lunedì 13 febbraio 2012

La Troika ha la meglio sulla Grecia nonostante la rabbia del popolo

Laboratorio Occupato Insurgencia

Il Parlamento greco ha approvato il piano di austerità, che permetterà alla Grecia di ottenere un prestito di 130 miliardi di euro dall'Europa per far fronte alla crisi economica e per evitare il rischio default che comprometterebbe tutti i paesi della "zona euro".
Ad Atene nei pressi del Parlamento, fin dalla mattinata di ieri, si respirava un clima di rabbia tra i manifestanti che si sono scontrati fino a tarda notte con le forze dell'ordine. Secondo alcune fonti, sono 120 le persone ferite e tra loro ci sono 50 poliziotti e 70 manifestanti. Molteplici sono stati gli attacchi incendiari a istituti finanziari e alle varie agenzie lungo le strade della città. Stamattina ad Atene ci si è svegliati con l'odore acre dei lacrimogeni che la polizia ha lanciato contro i manifestanti, nel tentativo di far sgomberare la piazza per permettere che all'interno del Parlamento si potesse svolgere la seduta di voto senza nessun rischio.
Addirittura il sindaco di Atene Giorgos Kaminis, attraverso una conferenza stampa, ha denunciato il tentativo di alcuni manifestanti di entrare all'interno del Municipio, attacco poi respinto prontamente dalle forza dell'ordine. Tuttavia non solo Atene è stata al centro della collera e della furia dei manifestanti, infatti altri scontri si sono registrati anche in altre città come a Volos dove sono stati dati alle fiamme il Comune e l'agenzia dell'entrate.
Nonostante ciò, nella nottata, nel Parlamento greco, il piano di austerità è stato approvato con 199 voti favorevoli e 74 contrari su 300 votanti. In quest'ottica le decisioni che erano state deliberate dal governo Papademos nei giorni scorsi, si sono trasformate in legge e permetteranno alla Grecia di ottenere un prestito di 130 miliardi di euro dalla Troika e quindi di poter pagare circa 14.500 milioni di debito in scadenza nel prossimo mese. Il ministro delle finanza greco Eleftherios Venizelos aveva dichiarato sempre nella giornata di ieri che tra il "male" e il "peggio" bisogna scegliere il male, proprio per evitare che il paese possa evitare di avvicinarsi sempre più al default che potrebbe avere effetti molto negativi all'interno della società. Un copione, quello del ministro delle finanze, che è stato ormai recitato troppe volte. Dinanzi ad una crisi che è stata creata non dai cittadini ma da coloro che  governano il paese, l'esecutivo chiede lacrime e sangue per far ristabilire l'equilibrio finanziario. Tanto che importa delle persone che andranno a finire per strada schiacciate dai debiti? A chi interessa della sorte dei migliaia di imprenditori che non potendo sostenere più il costo dei tassi troppo elevati saranno costretti a dichiarare il fallimento? Cosa interessa delle persone che perderanno il posto di lavoro?
Il piano di austerità infatti contiene delle misure davvero drastiche che, se da un lato secondo il presidente Papademos porteranno la Grecia ad una crescita a partire dal 2013, dall'altro porteranno sempre più le famiglie greche verso la povertà reale. Il pacchetto delle misure che è stato approvato porterà ad una radicale riforma del lavoro che colpirà soprattutto gli strati più deboli della società ellenica. Tra le misure adottate vi è la riduzione del 20% del salario minimo garantito,  taglio delle pensioni e riduzione della spesa pubblica che colpirà la difesa, gli ospedali e le autonomie locali. Tuttavia la misura più dura e che sarà applicata da subito è quella che prevede il licenziamento di 150mila dipendenti pubblici.
Quello che è accaduto in Grecia deve far riflettere sulla pericolosità di un governo formato da tecnocrati. Le amministrazioni governative costruite per far l'interesse degli istituti bancari internazionali, con uomini che appartengono ai poteri forti delle banche, vedi Papademos in Grecia e Monti nel nostro paese, possono essere molto pericolosi per la cittadinanza, poiché sottraggono a quest'ultima tutta la sovranità che gli compete per far si che si possa invece salvaguardare il sistema finanziario a cui poco interessa delle problematiche reali a cui le manovre e le decisioni di questi governi conducono. Ai tecnocrati a cui sono affidati i governi dei paesi a rischio default, poco interessa dell'economia reale del paese che amministrano. A tali persone importa solo che gli indicatori dei mercati finanziari possano variare in positivo per far si che si possa ottenere la fiducia sui mercati finanziari internazionali e permettere alle banche di imporre la propria autorità in ambito della comunità internazionale, per salvaguardare i propri interessi, che sono molto più importanti rispetto a quello di migliaia di cittadini.

venerdì 10 febbraio 2012

Le basi per un buon governo non sono l'imposizione fiscale e i tagli alla spesa pubblica


Volendo giudicare l'operato del governo Monti fino ad oggi, i giudizi che ne derivano sono molto negativi. Ma la questione è come cercar di giudicare l'operato dell'esecutivo e quali sono le condizioni che si pongono alla base di un buon governo?
Fondamentalmente un governo quando viene istituito si pone degli obiettivi e degli scopi da raggiungere per mirare al miglioramento, inteso come progresso e raggiungimento quindi del bene comune. Nel caso dell'amministrazione Monti però bisogna subito prendere in considerazione un fattore, che poi è la base principale dell'opposizione politica che la Lega e l'Italia dei Valori stanno imputando ai tecnocrati di palazzo Chigi. Tutti sanno che alla base di questo nuovo governo non c'è stata volontà popolare espressa attraverso il voto, strumento fondamentale in una Democrazia attraverso la quale il popolo può esercitare la propria sovranità. Monti, fatto senatore a vita dal Presidente della Repubblica, ha sostituito il governo dei "bunga bunga" che espressione di quel "berlusconismo" che  ha condotto il nostro paese sempre più verso la rovina.
Con tutte le considerazioni che possono essere fatte, Mario Monti come si sa è uomo della Goldman Sachs, potente istituto finanziario che è causa di quella speculazione finanziaria esercitata sui mercati e che porta ad un potere assoluto esercitato dalle banche nei confronti dei governi, che per ottenere la fiducia dagli investitori internazionali, devono sottoporsi alle minacce della Troika (Ue,Bce,Fmi) e quindi deliberare misure anche impopolari.
Su queste basi si può costruire una critica nei confronti della direzione politica Monti, che fino a questo determinato momento ha dimostrato di badare più agli interessi degli speculatori finanziari che a quello della nazione. La politica economica del premier si potrebbe sintetizzare in un incremento dell'imposizione fiscale e nel taglio alla spesa pubblica. A questo inoltre si deve aggiungere la questione sulla modifica dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori per beneficiare invece gli interessi delle imprese. Ciò mostra che fino a questo determinato momento, seppur attraverso un analisi generale dell'operato del Presidente del Consiglio, il governo si è mosso per far variare positivamente quegli indicatori dei mercati finanziari, quali il famoso "spread", che non rientrano in nessun modo nell'economia reale di un paese, che prende invece in considerazione la produzione di beni e servizi di cui tutti possono usufruire e che portano ad un benessere collettivo che corrisponde poi al bene comune all'interno di una società.
In quest'ottica, mettendo sul banco degli imputati l'esecutivo Monti, si può dire che se buon governo significa  efficienza nell'operare per la tutela degli affari pubblici e quindi per l'utilità e la prosperità degli strati sociali, allora la conduzione del signor Monti fino a questo determinato momento si è rivelata tossica per la maggioranza dei cittadini italiani. Quando si parla di crescita e sviluppo si sta facendo demagogia, poiché a nulla servono le manovre e le misure deliberate dal governo se queste non fanno altro che portare le famiglie ulteriormente ad indebitarsi e a perdere il potere d'acquisto. A questo si aggiunga la produzione zero e la disoccupazione, che significano in un termine solo recessione.
Sicuramente questa non è la sede adatta per arrivare a dei risultati finali che possano o meno condannare l'attuale governo, ma un principio fondamentale che bisogna ricordare è che il fattore fondamentale che davvero può portare ad un avanzamento, sia delle istituzioni politiche che della società, è il progresso. Quest'ultimo inteso inoltre come miglioramento ed evoluzione positiva sia degli istituti politici che della società, affinché si possa raggiungere quel bene comune che da solo basterebbe alla ripresa ed al riscatto politico,sociale,economico e culturale del nostro paese.

giovedì 9 febbraio 2012

La "Troika" comanda, il governo greco obbedisce.


Mentre in Italia la Fiom rinvia per neve la manifestazione che era stata indetta per venerdi 10 Febbraio 2012, la Grecia resta in piazza sfidando la pioggia e il gelo, che in queste ultime ore hanno colpito Atene. Martedi infatti a piazza Syntagma c'è stata l'ennesima manifestazione popolare contro il governo greco, colpevole di deliberare misure impopolari per ridurre il suo debito con l'estero. L'esecutivo tecnico, appoggiato da George Papandreou (socialista), Antonis Samaras (centro destra) e Giorgios Karatzaferis (estrema destra), si è unito nelle stesse ore per discutere dell'accordo con la Troika (UE,FMI,BCE) per far si che la Grecia possa ottenere aiuti per circa 130 miliardi di euro.
Nel frattempo per sbloccare i 130 miliardi di aiuti internazionali, il governo tecnico greco dovrà ricorrere a decisioni, che porteranno ancor più povertà nel paese. Infatti, sotto pressione delle Troika, sono previste misure come il licenziamento per 150mila dipendenti pubblici, taglio dei sussidi pensionistici, riduzione del 20% degli stipendi nel settore privato. Inoltre, in queste ore, il governo dovrà operare per ridurre la spesa pubblica e il taglio coinvolgerà soprattutto il settore sanitario. Inutile dire che dinanzi all'ennesima minaccia della Troika, il governo ellenico è costretto ad operare sotto pressione per salvare un sistema, quale quello dei mercati finanziari, che ormai fa acqua da tutte le parti. Tutti sanno perché all'Europa sta cosi a cuore il salvataggio della Grecia (ma anche dell'italia). In effetti il crollo economico di uno dei paesi della "zona euro" potrebbe significare una reazione a catena che potrebbe coinvolgere tutto il quadro economico internazionale. Tutto ciò non potrebbero permetterselo gli investitori esteri, che hanno troppi interessi da perdere se davvero ciò accadesse. Allora che fare? L'Europa( ma azzarderei a dire il mondo intero) oggi è sotto la dittatura delle banche, che spingendo i governi a decretare disposizioni impopolari, cercano di salvaguardare il tornaconto di poche lobby che hanno un potere vastissimo in ambito della comunità internazionale. Per salvaguardare quindi l'interesse di queste poche lobby, i governi tecnici sono chiamati a cercar di aggiustare i conti pubblici di un paese e salvaguardare l'interesse di poche persone, che forse non arrivano neanche all'1% della popolazione mondiale. Henry Ford, noto imprenditore statunitense e fondatore della società produttrice di automobili a questo proposito diceva: "Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione".
La Grecia quindi si trova in una situazione di pressione internazionale, esercitata dalla Troika, per spingere il governo a far presto a prendere decisioni per far si che il paese possa diventare maggiormente credibile agli occhi degli investitori internazionali. Questo lo hanno ben capito gli ateniesi che martedi sono scesi in piazza, arrivando fin sotto il Parlamento, per manifestare contro i tagli e la recessione. Quando però un gruppo di giovani manifestanti  ha cercato di bruciare una bandiera tedesca, la polizia è intervenuta con gas e lacrimogeni. Tuttavia quest'episodio non ha influito sul prosieguo della protesta che è terminata solo in tarda serata, mentre dentro i palazzi istituzionali Papademos trattava con i funzionari dell'FMI,UE e BCE.

martedì 7 febbraio 2012

Scordatevi del posto fisso se non avete un padre come quello del Borgia

Ma cosa succede in Italia? Non sono passati neanche pochi giorni dalla battuta sul posto fisso monotono del signor Monti che Elsa Fornero, ministro del Welfare, ha dichiarato che ormai gli italiani addirittura se lo devono dimenticare un lavoro assicurato. E parla proprio lei che ha la figlia che insegna nel suo stesso ateneo ed è responsabile della fondazione HuGeF che è attiva nel campo della genetica. Ma avete capito? La figlia della Fornero non è che ha un solo posto, ma ne ha due ed è fortunata perché ha la madre ha un prestigio sociale molto importante in Italia.
A dire la verità soltanto considerando il binomio virtù-fortuna possiamo capire oggi giorno come si vive all'interno della società. A prescindere dalle capacità che caratterizzano una persona e che sono fondamentali  per trovare un lavoro che possa fruttare bene, in questa società servono fortuna e tante conoscenze e magari se sei il figlio di un professore Universitario, per intenderci meglio, di una persona che abbia prestigio sociale, puoi farti raccomandare e a questo punto dire alla faccia della meritocrazia. Scordatevi le qualità e le capacità, perché nella realtà attuale contano poco e tra l'altro per terminare completamente gli studi e quindi non fermarsi ad una laurea triennale, servono tanti soldi e magari dei genitori che possano mantenerti per farti terminare senza nessun disagio il tuo corso di formazione intellettuale a meno di 28 anni e in questo modo puoi almeno dire "meno male non sono uno sfigato". Infatti oggi giorno se non termini i tuoi studi sotto i 28 anni sei considerato uno sfigato, una nullità, uno scarto sociale e non sono io a dirlo ma Michel Martone viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Se non fosse che quest'ultimo è figlio di Antonio Martone, avvocato in Cassazione, gli darei quasi ragione, ma poichè il viceministro è cresciuto in un contesto sociale, dove l'incentivazione economica allo studio non mancava, allora la sua dichiarazione dimostra scarso approfondimento sulle problematiche reali delle famiglie italiane.
In fin dei conti di cosa ci meravigliamo? E' fin dall'antichità che la fortuna ha giocato un ruolo decisivo per il prestigio di una singola persona. Fortuna intendo come quella che ebbe il duca Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI. Il Valentino (nome con cui era conosciuto il Borgia) voleva a tutti i costi anch'egli un regno ed è inutile dire che il padre si rivolse dapprima ai Milanesi e successivamente ai Veneziani per accontentare lo sfizio del suo figliolo. A poco servi' tutto questo, in un'Italia suddivisa ancora in tanti principati il Borgia grazie al potere di suo padre poté godere dell'appoggio del re francese Luigi XII, che lo avrebbe aiutato a togliersi il suo sfizio se solo avesse convinto il padre a deliberare una bolla papale con la quale annullava il suo matrimonio con Giovanna di Valois. Detto fatto e l'appoggio dei francesi consenti' al Borgia di prendersi dapprima la Romagna e successivamente parte della Toscana e dell'Umbria.
Con l'esempio storico citato voglio dimostrare che il binomio virtù-fortuna è storico, anche perché nel corso dei secoli ci sono stati principi e duchi valorosi che si sono guadagnati quello che sono riusciti a creare. Anche oggi esiste qualcuno in alto che si è davvero sudato il suo posto, ma se ci si vede un po attorno ci si accorge che quando si parla di meritocrazia molte volte non si sa neanche di cosa si stia parlando. Non sono il primo a dire che sempre più studenti, terminati gli studi, sono costretti a fare dei lavori umili che non corrispondono al titolo che detengono e tutti inoltre sanno  qual'è la realtà dei concorsi pubblici in Italia. Per questo motivo Monti e la signora Fornero prima di sparare battute offensive nei confronti degli italiani, dovrebbero porsi la domanda su chi li abbia voluti a quel posto. Ma questa è un'altra storia e basta leggersi la biografia dell'attuale Presidente del Consiglio per ottenere la chiave di lettura.

martedì 17 gennaio 2012

La Romania tra lacrime e sangue

Dopo Grecia ed Italia anche nell'estremo est dell'Europa la crisi finanziaria si fa sentire e coinvolge uno dei paesi più poveri dell'unione: la Romania. Ieri per le strade di Bucarest a manifestare, non erano i black bloc ne i centri sociali che tanto temono i media occidentali, ma per le strade della capitale a esprimere la propria rabbia c'era il popolo, che è stanco delle misure di austerità che i governi propongono per affrontare la crisi economica. Ieri in piazza si sono verificati pesanti scontri, circa 70 feriti dopo le cariche degli agenti in assetto anti-sommossa che hanno presidiato la manifestazione. Pesano in Romania le pesanti misure di austerità che sono state deliberate dal governo: taglio del 20% dei salari e soprattutto gli ingenti tagli alla sanità che hanno portato il sottosegretario alla sanità Raed Arafat alle dimissioni. In verità le decisioni del governo sono state deliberate dopo che il Fondo Monetario Internazionale ha prestato 20 miliardi di euro al paese per ristabilirsi dalla crisi e l'esecutivo ha risposto, contro la volontà generale della cittadinanza, con dei tagli draconiani.
In Romania il malcontento è molto alto, poiché la gente denuncia il basso potere d'acquisto e dei salari troppo bassi per vivere in modo dignitoso e quindi per raggiungere quella soglia di benessere economico che dovrebbe essere la base di tutte le società civili affinché la gente possa vivere decorosamente. Basti pensare che la Romania è al quarantesimo posto nella lista dei paesi per PIL e al sessantaseiesimo posto nella lista degli stati per PIL pro - capite, quest'ultimo è il dato più rilevante poiché misura il benessere della popolazione. A pesare maggiormente sulla situazione economica dei romeni, è il fatto che il salario medio di un adulto è di 300/350 euro al mese e un pensionato che abbia lavorato per 37 anni si ritrova con una pensione che ammonta a 160 euro mensili. Troppo poco per un paese che dovrebbe essere considerato civile ed è proprio per questo problema che è alto il tasso di emigrazione dal paese verso il resto d'Europa. Intanto il primo ministro Boc ha dichiarato alla stampa già di voler prendere decisioni molto severe nei confronti di tutti coloro che hanno provocato gli scontri, poiché il governo non può tollerare che in una situazione di emergenza il popolo scenda in piazza e crei dei disordini. Per ora si registrano 70 feriti e 240 arrestati, quest'ultimi verranno processati per direttissima.
Quello della Romania è soltanto uno degli ultimi esempi del malcontento popolare dinanzi alle misure di austerità che il governo è costretto a deliberare per pagare il debito contratto con l'Europa. Gli esecutivi dei vari paesi occidentali, ritengono più semplice, in mancanza di denaro, immetterne nuovo in circolazione chiedendolo in prestito all'Europa. Di conseguenza non si fa nulla per incentivare politiche che potrebbero portare all'incremento della produzione e quindi, se ciò non accade, incrementa la disoccupazione e si disincentiva la crescita economica reale di un paese. Questo è quello che sta accadendo in Romania, ma che è già si è verificato nel nostro paese, seppur con danni minori rispetto al paese dell'estremo est Europa.